Come cambia la vita di una studentessa di Liceo grazie all'esperienza di Mobilità Comenius? Chiara Romano ci racconta i tre mesi vissuti quest'anno in Francia presso il Liceo spagnolo
Non sono circondata da nessuno se non da quattro francesi analfabeti d'italiano, e non mi sento per niente a mio agio. Certo, tante volte mi hanno detto che ciò mi farà crescere, e io ci ho creduto come ci credo tuttora, ma l'unica differenza è che quando me lo hanno detto per la prima volta mi trovavo nel mio stabile, conosciuto edificio scolastico, non qua, luogo in cui niente conta se non l'imbarazzo di fare brutta figura o la paura di non riuscire ad inserirmi.

Quando mi sono entusiasmata, pensando al mio alloggio in quattro mura del tutto estranee, mi trovavo tranquilla a discutere con quella faccia amica della mia compagna di banco o distesa sul mio letto a immaginarmi quanti nuovi amici mi sarei fatta. Quando tutte queste nuove emozioni positive mi popolavano i pensieri e quando immagini rilassanti del mio soggiorno in Francia si imponevano davanti ai miei occhi io mi trovavo nel mio territorio, circondata dalla mia gente, dalla mia famiglia, dai miei effetti personali e dalle mie abitudini, non ero qui, in questo luogo dove tutto è visto al contrario, tutto è riconsiderato, niente è dato per scontato, dal mangiare gli spaghetti con il cucchiaio e non con la forchetta al farsi la doccia appena svegli e non la sera prima di cena. Ciò che voglio dire è che
niente, in un territorio estraneo e sconosciuto, è come sembra, non hai più quei riferimenti che per anni hai dato per scontati e in poche settimane ne devi ricostruire nuovi.

Ma posso ugualmente dire che
il cambiamento è avvenuto, silenziosamente, inconsapevolmente, poiché lì per lì, nel bel mezzo dell'imbarazzo, non mi sono resa conto di niente; ma riflettendoci un mese dopo, dopo solo quattro settimane nel mio nuovo habitat, mi sono trovata più indipendente, più forte.
Tanti elementi hanno contribuito a formarmi, a tramutarmi, tanti aneddoti, persone, attività, hanno contribuito in segreto alla mia metamorfosi.
In primo luogo, il fatto di essermi trovata sola, in quattro mura estranee, senza i miei amici di sempre o comunicazioni, se non un telefonino, a legarmi con i miei parenti nella cara Italia, è stata
la più grande sfida poiché, quando ti trovi in quella situazione, niente è sicuro, piccoli dettagli e abitudini diventano un qualcosa su cui riflettere.
Di fatto, a diciassette anni non è facile lasciare le proprie amicizie e la propria famiglia per andare a conoscere un posto nuovo, studiare e adattarsi ad un nuovo stile di vita.
Ma nel momento in cui, quel 5 di settembre, ho realizzato di essere sull'aereo che mi avrebbe portato a vivere un'esperienza unica e irripetibile, allora mi son resa conto che il
Comenius è uno di quei treni che passano una sola volta nella vita, e che perderlo sarebbe un reato. In effetti, ripensando al giorno in cui ho avuto la grande notizia di essere stata selezionata per partecipare al questo progetto, credo di non aver realizzato pienamente la porta che si stava spalancando davanti ai miei occhi: un'opportunità a cui non potevo rinunciare, a prescindere dalla paura che mi frenava. Non potevo affatto tirarmi indietro sapendo che sono poche le persone che hanno questa possibilità alla mia età, e tutte le volte che mi hanno chiesto se mi sentissi pronta a intraprendere questo nuovo cammino, la mia risposta è stata un sicuro sì.
Tutte le piccole attività fatte finora sono andate a
costruire qualcosa di importante, ecco perché qualcuna vorrei condividerla con voi.
Innanzitutto,
la calorosa accoglienza della famiglia all'arrivo nella mia nuova casa, le
nuove conoscenze a scuola, la scoperta di una miriade di
differenze tra il sistema scolastico italiano e quello spagnolo: professori che trattano gli alunni come ne fossero amici, una struttura bella e attrezzata, con un grande cortile, laboratori, biblioteca, un videoproiettore e un computer in ogni aula, mensa e spazio per le attività sportive.
Poi ci sono
i weekend, momento in cui tutta la famiglia lascia la routine caotica della settimana per riunirsi in casa o approfittare per uscire insieme: i miei “genitori” mi hanno portato a “esplorare” la città in cui abito, visitare Parigi in tutto il suo incanto, e più tempo passo con loro, più son certa che la fortuna esiste, che in una famiglia diversa questa esperienza non sarebbe così formidabile e mi sento infinitamente fortunata, fortunata di essere accolta in una seconda famiglia che già so che mi mancherà quando arriverà l'ora di tornare in Italia.

Tra le tante esperienze da raccontare, mi voglio soffermare su una in particolare: in un sabato di lezione straordinaria, consigliate dalla professoressa che ci segue, io e Marta, l'altra ragazza italiana che partecipa alla mobilità, abbiamo avuto l'idea di organizzare
una lezione di italiano per far conoscere qualcosa in più di noi alla nostra nuova classe. L'impegno è stato tanto, con la finalità di tirare su una lezione utile e divertente al tempo stesso, ma quello che più è stato gratificate e mi è rimasto impresso è stata la
standing ovation alla fine dell'ora, un lungo minuto in cui mi son detta “
sono nel posto giusto al momento giusto e non posso desiderare di meglio se non che questa esperienza continui a riservarmi meravigliose sorprese come questa”.
Insomma, un'attività diversa dal solito,
quale insegnamento può avermi dato? Forse che l'impegno è la chiave di tutto, impegno non solo a livello scolastico, ma impegno come sforzo a relazionarsi, a mettere da parte la timidezza e mettersi in ballo, impegno ad affrontare la vita ogni mattina con un unico obiettivo: approfittare al massimo di ogni istante poiché un'emozione, un'immagine non ritornano una seconda volta, non esistono né il tasto rewind né la pausa.
E i ricordi mi risulteranno utili quando in una cena di famiglia tutti vorranno sapere cos'ho fatto questi tre mesi, ma rivivere ogni giorno, questo non potrò farlo. Se ci rifletto, tutta una serie di fatti stanno contribuendo a cambiarmi, mi hanno insegnato che non tutto si pianifica e si decide, e che non c'è da disperarsi per questo, anzi, da cominciare ogni giorno con il sorriso stampato in faccia e la voglia di andare a letto con qualcosa in più nella testa.
Perciò, a conclusione di questa sorta di riassunto del mio primo mese qui a Parigi, vorrei proporre una citazione della scrittrice svizzera Isabelle Eberhardt, che recita: “
Partire è la più bella e coraggiosa di tutte le azioni. Una gioia egoistica forse, ma una gioia, per colui che sa dare valore alla libertà. Essere soli, senza bisogni, sconosciuti, stranieri e tuttavia sentirsi a casa ovunque, e partire alla conquista del mondo.”
Chiara Romano, 17 anni,
Alunna italiana presso il Liceo F. Capece di Maglie, Lecce - Mobilità Comenius presso il Liceo Español Luis Buñuel di Neuilly-sur-Seine,Francia